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Penso al senso del rinascere e mi ritornano alla mente le forti polemiche sul caso Nadia Toffa: mi sono interrogata lungamente sul motivo che spinga le persone a schierarsi da una parte o dall’altra, indipendentemente dalle implicazioni o da ciò che possa sembrare giusto o sbagliato, ammesso che di giusto e sbagliato si possa parlare in una situazione tanto soggettiva come il cancro.

Io penso che a maggior ragione chi ha vissuto direttamente o indirettamente l’esperienza della malattia, qualsiasi essa sia, dovrebbe fermarsi a riflettere prima di togliere a chiunque ci stia passando o ci passerà, la possibilità di mettere in campo tutte le risorse per combattere queste battaglie al meglio delle proprie potenzialità.

Mi chiedo se l’urgenza di far valere le proprie convinzioni valga il rischio di privare altre persone della speranza di potercela fare, perché proprio nella difficoltà di queste situazioni ciascuno ha il “diritto” di trovare la propria strada per rinascere.

Il cancro fa schifo

Il cancro fa schifo, questo è un dato di fatto. Tuttavia, come diceva una donna illuminata

“La vita è quella che è,
è il modo in cui l’affronti che fa la differenza”
(Virginia Satir)

e io voglio credere che in quello che accade ci sia un significato più alto, l’opportunità di esprimere il proprio SÉ più elevato e perché no, la capacità di metterci ognuno il suo per esercitare, seppur in minima misura, il proprio potere personale.
In un’epoca e in una società in cui si esercita democraticamente la libertà di espressione (e quanto spesso se ne abusa?!), io ho apprezzato la forza di una donna che ha utilizzato la propria visibilità per raccontare la sua battaglia personale ed incoraggiare altre persone ad affrontare queste sfide con fiducia. Lei ci ha messo la faccia per gridare al mondo che vivere vale sempre la pena, nonostante tutto. E anche questa è solo una libera opinione personale, la mia.

Una battaglia continua

Io sono figlia di una donna che combatte contro un tumore dai suoi 46 anni (i miei 19) era il 1999 e mentre lei era ricoverata per la prima chemio io andavo a sostenere il mio orale della maturità. Ricordo di aver capito in quell’occasione che tutto nella vita è relativo e anche un esame di maturità poteva essere nulla comparato alla vita di una madre.
Poi sono figlia di un padre morto a 56 anni di tumore al polmone, dopo 2 anni di strazi per lui e per noi. Sono passata dalla depressione per questo e non me ne vergogno. Ci sono dolori che ti tolgono il fiato e la voglia di vivere.
In ultimo, sono personalmente affetta da una patologia neurologica e, dicono, degenerativa.

Non racconto a chiunque le mie storie né tantomeno le mie battaglie quotidiane. Le porto avanti e basta, tuttavia quando capisco che la mia personalissima esperienza della sofferenza può infondere il coraggio e la fiducia che è possibile affrontare anche questo viaggio, io stessa sostengo che, comunque sì, ne è valsa la pena, nonostante il dolore, la frustrazione, la sopraffazione, il senso di ingiustizia e la disperazione. Perché a me questi eventi hanno donato molto più di ciò che hanno tolto. E questo può accadere anche ad altre persone.
Io capisco il punto di vista di chi non ci sta a sentir parlare di “opportunità” nel cancro o, generalizzando, nella malattia.
Credo d’altronde si possa anche, se non condividere, almeno tollerare chi da queste stesse esperienze ha tirato fuori altro. E se questo altro parla di opportunità, fiducia, speranza, amore cosa toglie a chi non ha colto questo sul proprio cammino?

Una visione privilegiata

Penso, basandomi sulla mia personale esperienza, che alcuni eventi offrano la possibilità di maturare una visione privilegiata, un po’ come quando dall’aereo osservi cosa c’è là sotto e distingui chiaramente la geografia, la vegetazione, l’urbanistica, i colori, le macchine che si spostano, la vita che scorre.

Ecco, l’esperienza della malattia rallenta e dilata la realtà, offrendo la possibilità di posizionarti al di sopra delle parti, degli eventi, del tempo. Se lo vuoi, puoi scoprirti capace di accogliere i cambiamenti, vivere i contesti, interpretare i significati superiori, essere tollerante ed amabile nelle relazioni, curioso e flessibile rispetto alle tue posizioni, ben centrato nel qui ed ora e, allo stesso tempo, in fiduciosa attesa di ciò che sarà.

La malattia è un’esperienza come un’altra e capita a chiunque in misura più o meno seria, almeno una volta nella vita. E l’esperienza della malattia è un acceleratore di consapevolezze, perché in quei momenti, che spesso diventano lunghi periodi di cure e a volte mutano in nuove, e inizialmente scomode, identità, ci si interroga lungamente sui significati più profondi della vita. Si toccano con mano le paure, si scandagliano le relazioni, si cercano i riferimenti delle proprie radici, si riflette su quale posto occupiamo nell’universo e se il nostro mondo è proprio come lo vorremmo. Si fanno le liste dei “cosa mi manca”, “cosa voglio fare e cosa farò appena guarirò!”, “chi voglio ci sia nella mia vita”, “quali sono le mie priorità”, “che tipo di persona voglio essere”.

Ecco, la malattia è questo: ha cristallizzato per qualche tempo la mia vita, e mi ha dato la possibilità di capire cosa trattenere e cosa mollare.
Io sono grata alle mie sfide perché mi hanno reso la persona che sono e per certi versi ora, in retrospettiva, credo che la malattia sia stata per me un po’ una guarigione.

Non voglio dire che ci sia da augurarsela, voglio dire solo che, se capita, puoi farne un’occasione per evolvere e avvicinarti a una versione migliore di te, centrato sulle tue reali priorità, capace di disporre di strumenti che non sospettavi neanche di racchiudere in te e risorse in grado di riposizionarti a livello spazio-temporale e che rappresentano un’innegabile ricchezza per te e per le comunità all’interno delle quali vengono riversate, siano esse la famiglia, l’ufficio, il contesto sportivo o quello del tempo libero e, perché no, qualsiasi forma di contributo sociale.

Chi ha fatto l’esperienza della malattia, si è inevitabilmente posto delle domande utili a entrare in profondo contatto con il proprio sé più sincero e non sarà mai più in grado di negarsi la ricerca del saper vivere felicemente, perché questo sarebbe un vero e proprio tradimento.

Vite ordinarie, esistenze extra-ordinarie

È per questo motivo che spesso delle vite ordinarie, dopo la malattia si sono evolute in esistenze extra-ordinarie. Uomini e donne che hanno scelto di mettersi in gioco nonostante tutto, anzi … proprio in funzione di quelle difficoltà incontrate lungo il cammino.
Uomini e donne che si sono lasciati ispirare e che meritano, a loro volta, di essere presi come esempio affinché anche tu possa esprimere il tuo potenziale e realizzare il significato più profondo della tua esistenza, la scintilla divina, insomma … la persona che sei destinato ad essere.
Restituire all’Universo un po’ del valore che hai ricevuto, non solo è doveroso, è soprattutto una preziosa occasione per riconoscerti il processo di crescita maturato e, di conseguenza, riversare nel mondo il contributo e la luce di cui risplendi. Osa, aspira, punta a realizzare la tua Essenza e fai risplendere e brillare quella scintilla di Divino che c’è in te!
È un cammino magico e stupefacente e sei proprio tu il tuo migliore compagno di viaggio.

Il presente e il futuro

Dalla mia esperienza è nato un progetto: R.I.T.A. (Rinascere insiEMe con tANto amoRE) Il Bello della Malattia

Dall’unione di tre amiche Azzurra, Barbara ed Eleonora e dalla nostra personale esperienza del dolore, nasce questo progetto che ha come obiettivo portare la comunicazione efficace e le tecniche di crescita personale in ambito medico/sanitario.
Il Bello della Malattia è un ossimoro che lancia una grande provocazione. La sofferenza può essere un prezioso acceleratore di consapevolezze e allora ci si può stupire ad osservare cosa c’è oltre la malattia: solidarietà, gioia, crescita, gratitudine, contributo, condivisione e molto altro ancora, insomma il bello, nella malattia come nella vita!
Perché il solo modo che abbiamo per vincere anche le più aspre sconfitte è trarne insegnamento e farne la nostra forza propulsiva per una nuova RInasciTA.

Informazioni
http://www.startmedical.it/news/
info@startmedical.it

Azzurra Paternò

Una storia del Progetto fotografico Metis, leggi tutte le storie.