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Sono Federico e questa è la mia storia. Ed è una storia a lieto fine, perché da balbuziente ora con le parole mi diverto un sacco.
Dovete sapere che il linguaggio dei balbuzienti non è fluido, è interrotto dalla ripetizione, continua e intermittente, da esitazioni nell’iniziare un discorso, nel cercare parole più semplici per dire qualcosa che di semplice molto spesso non è.

Quando ho iniziato?

In verità non ho un ricordo preciso di quando ho iniziato a balbettare…Se dovessi spremere la mia mente direi che è stato all’asilo. Dovevamo svolgere la recita di Natale e a me facevano fare sempre la parte di qualcuno o qualcosa che non dovesse parlare, tipo la pecora, o il broccolo…che all’inizio se volete poteva essere persino esilarante.

All’epoca non ne ero cosciente, anche se mi rendevo conto di come “qualcosa” non andasse nel verso giusto.
Alle elementari tutto sommato facevo quasi tutto nella normalità, la vita a quell’età è semplice, parli con altri bambini, ti diverti e non hai grosse pressioni. Ma le recite mi riportavano alla mente il disagio e tutte quelle situazioni dove per necessità dovevo parlare, leggere, esprimermi.

Alle scuole medie la prima svolta: un primo tentativo concreto di voltare pagina e mia madre in questo è stata fondamentale. Determinata a trovare una soluzione concreta, aveva trovato un corso a Milano.
Mi sentivo spaesato e abbastanza terrorizzato: ero nella hall di questo grande hotel, in una grande città, in una grande sala con persone grandi.
Ma lì accadde una cosa straordinaria che oggi chiamo CONSAPEVOLEZZA, non ero il solo ad avere problemi! Ero circondato di persone che balbettavano più di me nonostante fossero molto più grandi di me.
E questo evento ebbe un tale impatto psicologico che quell’anno non balbettai più!

Arrivano le superiori

…ma si sa…dopo le medie arrivano le superiori.
La nuova scuola, le nuove pressioni e l’idea di affrontare un percorso di 5 anni in un liceo scientifico di una cittadina in mezzo a 26 estranei mi fecero ripiombare nella balbuzie a capofitto.
Iniziarono ridicolizzarmi e finii persino in qualche rissa, ma nonostante tutto in cinque anni feci molte amicizie.

Alla fine ero simpatico, brillante e di cuore, ma se devo ricordare una sensazione…ricordo il terrore. Vivevo ogni giorno con la costante paura di dover leggere, dell’interrogazione, del telefono, del citofono, degli estranei, delle presentazioni e delle prese in giro. Ero arrivato ad essere muto in molte situazioni.

La balbuzie era talmente forte che non riuscivo a dire una parola in tante, tantissime occasioni e mi tenevo tutto dentro, mi sentivo solo, bloccato e sottovalutato.
La notte prima di un’interrogazione mi svegliavo con gli incubi, e le ore successive dopo aver fatto scena muta ed essere tornato con un bel 4 al posto vivevo tutto come una sconfitta, una di quelle che ti abbatte l’umore con l’autostima che va a terra.

Mia madre non ne sapeva nulla, mio padre ne era totalmente disinteressato. Persino mi rimprovera di questo. I miei amici facevano finta di nulla…insomma la decisione era solo mia!

Decisi che sarei guarito

E così un giorno nella disperazione totale, immerso nelle lacrime decisi che io sarei “guarito”.

Di tecnicismi non ne sapevo assolutamente nulla. Sulla carta sembrava impossibile riuscirci, ma quello era diventato il mio obiettivo primario. Volevo essere me stesso, dire e fare quello che volevo senza limiti, dimostrare a me stesso e agli altri che si poteva fare.
Contattai il massimo ricercatore di balbuzie in Italia, il quale mi spedì le sue ricerche…le lessi tutte di un fiato!
Iniziavo anche a capire i meccanismi, ero aggiornato e preparato sull’argomento.

Armati di nuove speranze e nozioni, io e mia madre facemmo un altro tentativo trovando un altro centro vicino casa e ci recammo li. Sfortunatamente andò molto male.
La logopedista mi propose delle tecniche che erano state create 20 anni prima e io di rimando le dissi che volevo le tecniche nuove, le ultime, quelle che funzionavano!
Con la rabbia dei miei 17 anni chiesi di poter parlare al direttore della struttura che mi accolse nel suo studio dicendo parole che non scorderò mai: “caro Federico, dalla balbuzie non si guarisce”.

Beh, questa era una sua convinzione e glielo avrei dimostrato. Lo mandai a quel paese e tornai a casa. Da lì mi recai a Padova.
Feci giorni di prove e test dove conobbi altri balbuzienti a cui non importava molto il guarire… si accontentavano di fare un lavoro dove bisognava parlare poco e di balbettare ogni tanto.
Ma Io avevo una visione diversa della vita e delle mie possibilità e proseguii per la mia strada. Dopo questi quattro giorni avevo una bellissima cartella clinica, ma continuavo a balbettare come prima.

Mi consigliarono un logopedista che riceveva solamente a 70km da casa. Ben 70!
Il primo incontro fu emblematico. Lui era un uomo sicuro di sé: 50 anni, pelato, abbastanza imponente. Mi studiava e osservava, intimorendomi.
Disse subito che mi avrebbe aiutato, ma ad una sola condizione: dovevo presentarmi tutte le settimane ed eseguire gli esercizi che mi dava ogni giorno.

Parola d’ordine: proattività!

La sicurezza e la leadership che emanava quell’uomo mi avevano colpito. Avevo deciso: voglio andare lì!
Per me non fu solo un logopedista, fu soprattutto un punto di riferimento, un esempio da seguire, un mentore. In poche parole, mi ispirava: cinque anni di lezioni, di panini in macchina trangugiati velocemente dopo la scuola, di km e km che ci separavano.
Se non era motivazione questa!
Ma gli esercizi che concordavamo erano davvero creativi.

Facevo cose che nessuno normalmente farebbe: come andare in 10 negozi e fare 10 domande ad ogni singolo commesso, oppure chiamare altri 10 negozi e chiedere altrettante informazioni. Insomma… o c’ero io oppure i call center!
Ed ovviamente feci dei passi in avanti enormi.

Non solo parlavo, ma lo facevo meglio di molti dei miei compagni normofluenti. E la cosa mi faceva sentire bene.
Negli anni a seguire, anche se avevo ancora qualche difficoltà, una cosa fondamentale era cambiata nella mia mente: a quella cosa non ci pensavo più.
E questo mi faceva sentire libero.

Fu la prova che quando lavori duro e quando lavori bene si possono realizzare cose che tu stesso ritenevi impossibili.
Ma ero ancora al 90% dell’opera. Io non volevo solo parlare, io volevo guarire!
Le tecniche le sapevo a memoria., quindi non era più quello il punto: dovevo ancora cambiare qualcosa.

Ma cosa?

Con tenacia mi analizzai e documentai realizzando che avevo appreso tutto in termini di tecniche, ma in realtà non avevo cambiato due cose fondamentali: approccio e mentalità.
Non ero più balbuziente, ma continuavo ad avere gli schemi mentali da balbuziente!
Quindi feci un percorso di crescita personale. Fu un’esperienza indimenticabile e impattante. Ripresi fiducia in me stesso e superai tutte quelle credenze e limiti residui che si erano accumulati nel tempo.

E salii sul palco

A 30 anni salii su un palco e parlai in pubblico. Un intervento di due ore davanti a 200 persone. Fu talmente bello e spontaneo che tutt’oggi non mi sembra vero. Oggi sono un uomo che con le parole ci gioca, ci si diverte, che vuole far divertire.

frontiniEh si,

Sono guarito!

Questa è la mia rivincita, la mia vittoria e nessuno potrà togliermela.

Qual è la morale in tutto questo?

In questa storia di limiti ce ne sono tanti: alcuni imposti dal mondo, altri me li sono imposti da solo. Quei limiti sono rimasti tali finché non sono stato IO a decidere che in realtà erano dei confini che volevo e potevo allargare.

Allarga i tuoi confini. Abbi fiducia nella visione che hai, agisci per renderla realtà e lascia agli altri l’insensata convinzione di non potercela fare. Solo così trasformerai l’Impossibile in realtà.

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